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domenica 8 luglio 2012

IL CRIMINE? UN PROBLEMA LINGUISTICO


Meridionali passeggiano

Oggi l’esperto risponde alla lettera di Serena Lo Giorno, giovane studentessa iscritta al nono anno fuoricorso al cdl in scienze politiche presso l’università degli studi “La saccenza” di Potenza Marittima. L’intraprendente lettrice, di origini calabresi, pone la questione (in un ortodosso accento calabro-silano percepibile anche solo leggendo la lettera) atavica dell'origine della criminalità nel nostro paese e nel mondo. Qui di seguito la lettera:

Spettabile ed egreggia (egregia, ndr) redazione,
in quanto calabbrese (calabrese, ndr) mi ritrovo quotidianamente a contatto con situazioni deprezzabili (deprecabili, ndr) che sviliscono la mia persona profondamente, in quanto appunto onesta cittadina. Alla luce di quanto detto (???, ndr) mi chiedevo se il problema della criminalità diffusa nel nostro paese, allo stato attuale delle cose, lascia a noi giovani la possibilità di immaginare un (‘ , ndr) Italia che può farcela ad estirpare il probblema (problema, ndr) partendo magari da considerazioni sulle possibbili (possibili ndr) cause che ne hanno permesso la nascita e la diffusione. Con la presente Le chieto (chiedo ndr): seconto (secondo ndr) Voi, qual è  il reale motivo di questo dramma? Cioè, da dove nasce e cosa lo rende un probblema (problema, ndr) irrisolvibbile (irrisolvibile ndr)?

Risposta dell’esperto
Cara lettrice (??) 
La domanda che poni è oggetto di un ampio dibattito sul quale confluiscono importanti pareri di altrettanto importanti studiosi. Quello della criminalità è un problema che va analizzato con necessaria interdisciplinarietà: sociologia, psicologia, criminologia, pedagogia, filosofia e botanica si sono aspramente dibattute sulla questione e il tentativo di tracciare un percorso comune atto a consegnare un metodo analitico unitario e “unanime”  nutre di grandi speranze le accademie italiane. Ad ogni modo, per dovere di sintesi esporrò quella che pare risultare la teoria maggiormente plausibile: la criminalità nel nostro paese sembrerebbe essere direttamente proporzionale alla violenza della lingua di cui si avvale. Esiste una formula, ricavata dal matematico Maurizio Alchimede, che sintetizza così il fenomeno: m:e = l:v, dove “m” rappresenta la minaccia ed “e” la sua efficacia, e “l” sta per lingua dove “v” sta per violenza dei suoi toni. Da qui possiamo rapidamente addentrarci nella teoria vera e propria, presentata peraltro due settimane fa al C. S. I. P. L. C. B. (consiglio scientifico internazionale per le cose brutte).
Inizio con una domanda: a quale area geografica istintivamente associamo il crimine, in qualsiasi luogo del mondo ci troviamo? Se la risposta è “A sud” tecnicamente non avresti sbagliato, infatti riflettendo un attimo troverai molti esempi di paesi in cui proprio dal sud arriva il crimine. Questo è un dato da non trascurare, un parametro di indubbio valore. E ora faccio un’altra domanda: cosa accomuna tutto il sud ad esempio nel nostro paese? Se la risposta è “i parcheggi in doppia e terza fila, la lingua dialettale e il cattivo gusto nel vestire”, allora inizi davvero ad avere dei dati importanti. 
Immaginiamo un gruppo di criminali originari del chiantigiano e immaginiamo con altrettanto fervore un tipico episodio di estorsione, la cosa si svolgerebbe più o meno con questa formula:
“ Fava! O tu mi dai i’dazio o ti rompo i braccini”
La formula avrebbe la possibilità di incutere una qualsivoglia forma di timore? Sicuramente sarebbe più funzionale agli scopi prefissati un più truce “Tu a’pagare, u capisti? Si no ti tagghiu a’faccia”  o un più metaforico “Figgh’i bottana, ti piace volare??”. 
Esempi simili possono estendersi a considerazioni generali su tutte le lingue centro-settentrionali. Ne cito solo un altro per non dilungarmi in noiose analisi linguistiche. Immagina di essere a Milano: “Uè testina..te ga da pagà. Terrun!!” 
Pensi che possa fare impressione? Io non mi lascerei suggestionare, e la cosa ha trovato conferma in alcuni interessantissimi esperimenti. Sono stati inviati tre uomini a fare minacce e rapine in diversi luoghi d'Italia. Hanno utilizzato le lingue calabrese, milanese, torinese, toscano. Ecco i risultati:
Nel 100% dei casi il calabrese ha ottenuto il suo effetto e l'atto criminale è andato a buon fine.
Il Toscano ha ottenuto un “batti cinque” nel 60% dei casi.
Le esclamazioni del torinese nel 70% dei casi sono state scambiate per advances sessuali.
Il milanese nel 100% dei casi è stato rapinato.
Come interpretare questi dati? L’idea dominante tra gli accademici illustri è che le lingue meridionali abbiano insito il potenziale del crimine. Certo, la cosa potrebbe essere proprio genetica e non semplicemente linguistica, nel senso che “ci sanno fare” per un fatto di talento razziale. In ogni caso, ancora una volta si conferma uno stereotipo, che il perbenismo ha sempre voluto smentire. Tutti sappiamo come stanno le cose, pochi hanno il coraggio di dirle. Per fortuna c'è chi ha il coraggio di parlare e di sostenere con coraggio gli stereotipi. 
N. B. Le conclusioni, per ovvi motivi, sono applicabili al resto del mondo.
Spero di esserti stato d’aiuto.

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